Carnoso, gustoso e profumato. Lo si può mangiare crudo, semplicemente intinto in un po’ di olio d’oliva, ma le ricette locali lo vedono anche protagonista di molti piatti della tradizione e soprattutto in abbinamento alla bagnacauda. Coltivato fin dall’inizio del ‘900 lungo le fertili sponde del fiume Tanaro, fece un po’ la fortuna degli ortolani di queste terre, soprattutto nell’area di Costigliole d’Asti e nella frazione Motta proprio a ridosso del fiume. Una forma inconfondibile, cubica con quattro lobi armonici e arrotondati, un gusto unico e una croccantezza spiccata, conobbe un grande successo e si arrivò a produrne fino a 40-50 mila quintali negli anni ’70, rendendo Motta di Costigliole una delle aree più ricche dell’Astigiano. Tuttavia, sebbene molto apprezzato dai mercati, nuove colture più redditizie iniziarono a farsi largo: prima i fiori, poi le nocciole e ben presto la coltivazione del peperone iniziò un lento e costante declino. Così il famoso quadrato di Motta divenne rarissimo, sebbene rimanesse viva la tradizionale sagra che la borgata organizza l’ultima settimana di luglio. Il rischio di perderne anche i semi fu molto elevato e si deve all’intraprendenza di giovani e motivati agricoltori che, spinti da una grande passione, iniziarono una ricerca riproponendone la coltivazione e dando una nuova chance a questo delizioso ortaggio entrato da poco, ma a pieno titolo, tra i presidi Slow Food.