La polenta per secoli è stata alla base della dieta giornaliera dei contadini e delle classi meno abbienti. Poi negli anni ’60 si perse un po’ la consuetudine di consumare questo piatto e contestualmente anche l’abitudine di seminare e coltivare alcune tipologie di mais destinati alla sua preparazione. Solo un ventennio più tardi, alcuni avveduti ricercatori decisero che era necessario ritrovare quei sapori perduti e soppiantati dalle farine industriali caratterizzate da tempi di cottura più rapidi, ma con caratteristiche organolettiche inferiori. Iniziò così la ricerca degli ultimi contadini che non avevano abbandonato la coltivazione della meliga locale, del mais Ottofile e della Pignolet, salvando queste colture da sicura estinzione. La farina di Langa per la preparazione della polenta tornò così alla sua tradizionale ricetta, ovvero un mix di quattro varietà tradizionali di mais: l’Ottofile, caratterizzato proprio da una pannocchia con otto file longitudinali di chicchi molto ricchi di amido, la Pignolet che deve il suo nome ai chicchi a forma di piccole pigne, il Marano e la Quarantina caratterizzati da un ciclo produttivo precoce. Piante che richiedono molte cure e che fanno ovviamente aumentare il costo del prodotto finito. I Mulini che producono e amalgamano queste qualità di mais dando vita alla farina di Langa per polenta sono garanti di un percorso di produzione che viene effettuato in modo biologico e con tecniche preindustriali, ottenendo così un prodotto di altissima qualità e dal sapore antico.