“Persi”, per tutti passato remoto del verbo perdere, ma non a Canale d’Alba, dove “persi” rappresenta una vittoria, un successo di cui andar fieri: “persi” in dialetto piemontese vuol dire pesca, il delizioso frutto che ha trovato casa a Canale e nel Roero, condizionandone, e non poco, la vita economica. La coltivazione del pesco in queste terre risale alla seconda metà dell’800 quando la fillossera faceva strage di vigneti. Nel 1885, l’avvocato Ettore Ferrio, agronomo per passione, sperimentò l’introduzione di alcune varietà americane, decisamente più resistenti rispetto alle specie autoctone, dando il via ad una vera e propria attività di frutticoltura specializzata che ben presto divenne trainante. All’inizio del ‘900 le pesche sono ormai una certezza, tant’è che intorno a questo frutto venne organizzato un mercato molto frequentato che occupava buna parte del paese e che portava a Canale molti grossisti provenienti da tutta Italia. Seguirono anni di prosperità, ma nel dopoguerra la concorrenza si fece più pressante e il pesco venne sostituito con altre colture. Tuttavia restarono piccole produzioni di eccellenza: varietà di pesche caratterizzate per lo più da una pezzatura contenuta, con buccia spessa, polpa bianca con venature di rosso, soda dal profumo intenso, complesso, aromatico e un sapore estremamente ricco, qualità che le rendono oggi molto ricercate dall’alta ristorazione.