Un biscotto nato per amore, circa tre secoli fa. C’era una volta, potrebbe iniziare così, un economo di casa Savoia presso la Reggia di Venaria che si innamorò di una giovane pasticciera giunta dalla Sicilia. Francesco Moriondo, questo era il suo nome, venne corrisposto e convolarono a nozze. Decisero poi di lasciare il loro lavoro a corte per un nuovo progetto: una pasticceria nel paese natio di Francesco. Qui iniziarono a produrre degli strani dolcetti frutto di una fusione di anime, tradizioni e culture. La moglie di Francesco era solita preparare biscotti a base di mandorla, immancabile nella tradizione dolciaria siciliana. Non sempre però le mandorle erano di facile reperimento e così sperimentò l’utilizzo dell’armellina (seme all’interno del nocciolo dell’albicocca) che donò al biscotto quella nota amarognola: il suo segno distintivo. Nacquero così gli Amaretti e a decidere il nome furono gli abitanti di Mombaruzzo che venivano invitati ad assaggiare questa delizia appena sfornata: «I son bon, ma i son un pòc amaret», sono buoni ma un po’ amaretti. Ben presto questo biscotto divenne famoso e apprezzato. Alla base dell’Amaretto ci sono solo prodotti semplici: non prevede l’utilizzo di farina, quindi un dolce adatto a chi ha intolleranze al frumento ed è preparato, oggi come allora, solo con mandorle, zucchero e armelline.